Commissione Tributaria Provinciale, Lucca, sez. IV, sentenza 27/05/2015
I giudici lucchesi – in tema di diritto di difesa del contribuente destinatario di un atto impositivo notificato dall’Amministrazione finanziaria – hanno osservato che deve sempre essere assicurata ad “un soggetto, che venga attinto da un provvedimento in astratto pregiudizievole”, la facoltà di promuovere la relativa opposizione processuale nelle sedi competenti.
La decisione
La vertenza in questione nasceva dalla notifica di una cartella esattoriale di Equitalia Centro S.p.a. (relativa ad un debito contratto da una S.r.l. cancellata il 06.03.2006) trasmessa presso la residenza dell’ultimo liquidatore della medesima azienda.
Quest’ultimo, non in proprio, bensì in qualità di “già liquidatore” della società estinta, lamentava l’errata applicazione dell’art. 2495, comma 2, c.c.[1] (la società cancellata non risponde più dei debiti, a prescindere dalla sussistenza di rapporti giuridici pendenti), dunque chiedeva la dichiarazione di inesistenza dell’atto impositivo per mancanza del destinatario, essendo un’entità aziendale giuridicamente “defunta” (Cass., SS. UU. n° 4062/2010).
In tale ipotesi, come noto, i creditori insoddisfatti possono agire solo nei confronti dei soci o dei liquidatori, con la precisazione che questi risponderanno se ne risulta acclarata la responsabilità (art. 36, D.P.R. n° 602/73).
In particolare, l’art. 2495 c.c., al secondo comma, stabilisce che “dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza della somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi”.
Secondo la tesi del contribuente, la pretesa erariale non poteva trovare accoglimento, giacché l’Ufficio commetteva due errori (di fatto insanabili):
a) aveva notificato, come già affrontato, un atto impositivo ad una società cancellata;
b) aveva applicato l’art. 2495 c.c. in maniera del tutto errata ed offrendo una lettura “distorta” della norma: vero è che dei debiti imputati alla società estinta, ne rispondono gli ex soci, tuttavia da un lato la richiesta del credito erariale deve essere inoltrata direttamente, nonché personalmente a questi ultimi e dall’altro – questione ancor più dirimente – la responsabilità degli ex soci/liquidatore è limitata “fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipesa da colpa di questi”[2].
In breve, nella controversia in parola, l’Ufficio ometteva di depositare il bilancio finale di liquidazione e soprattutto, non dava prova che il “mancato pagamento” dei debiti sociali fosse ascrivibile all’ex liquidatore (ricorrente).
A sostegno di tale orientamento, è possibile far riferimento alla sentenza della C.T.P. di Reggio Emilia n° 5/02/2015, la quale (richiamando l’ordinanza n° 28187/13 della Corte di Cassazione) osserva che “la cancellazione della società dal registro delle imprese ne causa l’estinzione, per cui l’accertamento o altro atto impositivo notificato e intestato alla società è da considerarsi inesistente, in quanto privo del soggetto nei cui confronti avanzare la pretesa” .
In conclusione, sotto l’analisi dell’esercizio della difesa processuale da riconoscere all’ex liquidatore di una società cancellata, i giudici aditi hanno quindi precisato che “l’estinzione della società determina anche il venir meno del potere di rappresentanza dell’ente estinto in capo a chi, perdurante l’esistenza in vita della società, era affidata detta rappresentanza”, tuttavia non può essere negato il diritto di difesa al destinatario di un provvedimento amministrativo.
Orbene, “in virtù del principio costituzionale” (art. 24 Cost.), al cittadino/contribuente – “sia in proprio o nella qualità di legale rappresentante di un ente ormai inesistente” – a cui viene notificato un atto esattoriale (come nel caso in parola) deve essere sempre garantito il proprio diritto di tutela processuale, indipendentemente dalla circostanza che il menzionato provvedimento possa essere dannoso unicamente sotto il profilo “astratto”.
Fonte: Altalex, 9 marzo 2016. Nota di Federico Marrucci.
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[1] I debiti non liquidati dalla società estinta si trasferiscono in capo ai soci i quali rispondono dello stesso debito della società (stessa causa stesso titolo) e non di debito nuovo. Ne consegue che è perfettamente legittimo chiedere al socio, già legale rappresentante della società, l’adempimento di un debito della società stessa che, per effetto dell’estinzione, è stato trasferito ex lege al socio.
[2] Su detto aspetto, cfr. anche la sentenza n° 6070/2013 della Suprema Corte.