Il pettegolezzo, si sa, ha la capacità di diffondersi a chilometri di distanza, forse proprio perché parlare degli altri è percepito come un piacevole passatempo collettivo. La chiacchiera, per quanto vituperata, ha il potere straordinario di sedurre e di stimolare la curiosità delle persone.
Eppure il pettegolezzo può avere conseguenze legali non altrettanto gradevoli: può essere infatti alla base di una condanna per diffamazione.
Una esagerazione? Non proprio, se si pensa che la Corte di cassazione, con una sentenza (la numero 8348 del 2013) ha reso definitiva la condanna di un uomo che aveva “spettagolato” appunto, di una relazione adulterina in cui era coinvolta una vicina di casa.
Con l’occasione la Corte ha peraltro precisato che la condanna non aveva nulla a che vedere con la verità della notizia: infatti il diritto dei cittadini alla riservatezza e il rispetto della loro dignità per i giudici possono essere messi in secondo piano solo se c’è un pubblico interesse alla diffusione della notizia, ma non di certo sempre e comunque, anche quando manca il bisogno sociale a divulgare il fatto.
Quello appena analizzato non è peraltro un caso isolato.
Tra i tanti, si pensi alla pronuncia numero 44940/2011, con la quale la Cassazione ha detto basta ai pettegolezzi in ufficio, confermando la condanna per il reato di diffamazione in capo a un uomo che aveva diffuso la notizia che l’impiegata di una banca stava portando avanti una relazione clandestina con un uomo sposato, facendo partire un vociare di commenti tra i diversi dipendenti. Nonostante la relazione fosse adulterina solo per l’uomo sposato, la riprovazione sociale che da un simile pettegolezzo è derivata, nel caso di specie e come sempre avviene, ha riguardato entrambi i partner, tanto che il gossip si è dimostrato perfettamente idoneo ad assumere natura diffamatoria.
Una precisazione, a questo punto, si rende doverosa: quando può dirsi integrato, dunque, il reato di diffamazione?
Quando la reputazione di una persona non presente (che è l’interesse tutelato dalla norma) viene offesa in qualsiasi modo. Trattasi, del resto, di reato di mera condotta e a forma libera.
È tuttavia necessaria la comunicazione con più persone, ovverosia la diffusione della notizia incriminata.
Se poi l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato (come nel caso dei pettegolezzi) il reato è addirittura aggravato ai sensi dell’articolo 595, secondo comma, del codice penale.
In definitiva chi si fa i fatti suoi non solo “campa cent’anni”, come dice un vecchio proverbio, ma lo fa con la fedina penale pulita!
Fonte: Quando il pettegolezzo diventa reato
(www.StudioCataldi.it)
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