Cassazione penale, Sez. III, sentenza 03/10/2016 n. 41130
La terza sezione penale, con la sentenza n. 41130/2016 depositata il 3.10.2016, ha confermato la sentenza di condanna per atti osceni aggravati in quanto commessi all’interno dei luoghi aperti al pubblico (un esercizio commerciale di rilevanti dimensioni), abitualmente frequentato anche da minori, ritenendo irrilevante nel caso di specie la sopravvenuta depenalizzazione della fattispecie (non aggravata) di atti osceni ed escludendo che il fatto potesse ritenersi di particolare tenuità, in considerazione della sua non modesta offensività.
Il fatto
Con sentenza pronunciata il 10.07.2014 il Gip del Tribunale di Cagliari, nelle forme del rito abbreviato, condannava l’imputato alla pena di un mese e quindici giorni di reclusione per avere compiuto atti osceni all’interno di una attività commerciale, alla presenza di impiegati e passanti, e dunque in un luogo aperto al pubblico ed abitualmente frequentato da minori.
Avverso la decisione del giudice di primo grado ha proposto ricorso in Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello denunciando il vizio di violazione di legge, venendo in rilievo una condotta concretamente inoffensiva e dunque un fatto lieve ai sensi dell’art. 131 bis c.p.
La decisione
La terza sezione della Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso proposto dal Pubblico Ministero.
A monte, infatti, veniva proposta dal Pubblico Ministero una diversa ricostruzione del fatto, fondata sulla condotta in concreto posta in essere dall’imputato, sulle caratteristiche del luogo in cui era stata commessa e, soprattutto, sulla mancata percezione da parte di terzi e di minori degli atti osceni compiuti dall’imputato (consistiti nell’infilare la mano nella tasca dei pantaloni, toccandosi i genitali, fino a raggiungere l’eiaculazione), situazioni, queste, che in concreto avrebbero reso inoffensive le condotte ascritte all’imputato e dunque particolarmente tenue il fatto.
Per converso, la Corte ha escluso che in sede di legittimità fosse consentita una diversa ricostruzione del fatto, essendo essa ammissibile solo in presenza di vizi della motivazione, nel caso di specie non ravvisati, avendo il Tribunale fondato la pronuncia di condanna per la fattispecie aggravata di atti osceni sulla base di quanto riferito dai presenti, che ebbero tutti una percezione chiara ed inequivoca della condotta, e sulla base delle caratteristiche del luogo in cui essa venne posta in esse (si trattava di un esercizio commerciale di rilevanti dimensioni, frequentato da una moltitudine indifferenziata di persone, tra cui anche minori).
Il corretto accertamento in fatto, compiuto dal giudice di prime cure che ha evidenziato come gli atti realizzati fossero visibili ed il luogo fosse frequentato da minori, non era dunque sindacabile nel giudizio di legittimità; per altro, tenuto conto della natura di reato di pericolo del delitto di atti osceni, nessuna censura in diritto poteva muoversi in ordine alla sussistenza dell’aggravante, da valutarsi con giudizio ex ante in relazione al luogo (un esercizio commerciale di rilevanti dimensioni nel quale si trovavano esposti per la vendita generi vari, potenzialmente frequentato anche da minori) ed all’orario (pieno giorno) in cui la condotta è stata posta in essere.
La ritenuta sussistenza della circostanza aggravante ha poi portato la Corte ad escludere d’ufficio la rilevanza della sopravvenuta depenalizzazione della fattispecie semplice di cui all’art. 527 co. 1 c.p. a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 15.01.2016 n. 8, essendo rimasta inalterata la rilevanza penale dell’ipotesi aggravata, disciplinata al comma 2 dell’articolo in esame, che si configura quando – come nel caso portato all’esame della Suprema Corte – “il fatto è commesso all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minore e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano”.
Per le medesime ragioni la Corte ha ritenuto infondato anche il rilievo mosso dal Pubblico Ministero ricorrente relativo alla non punibilità del fatto per particolare tenuità, in considerazione della sua modesta offensività.
La Corte ha sul punto richiamato i presupposti per il riconoscimento della causa di non punibilità, rifacendosi alla relazione allegata allo schema del decreto legislativo n. 28 del 2015, che ha inserito ex novo nel codice penale l’art. 131 bis c.p. Di qui il riferimento ai due «indici-criteri» che connotano la nuova causa di non punibilità – la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento – ed agli ulteriori due «indici-requisiti» in cui si articola il primo di essi, individuati nella modalità della condotta e nell’esiguità del danno o del pericolo, da valutarsi sulla base dei criteri di cui all’art. 133 co. 1 c.p. (e dunque, natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modalità dell’azione, gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato, intensità del dolo o grado della colpa).
Tale valutazione complessa e congiunta, in ossequio ai principi espressi dalle Sezioni Unite (Cass. pen. Sez. U. n. 13681 del 25.02.2016) ed ai quali la Suprema Corte si è riportata, può essere compiuta anche nel giudizio di legittimità “sulla base di un apprezzamento limitato alla astratta compatibilità dei tratti della fattispecie, come risultanti dalla sentenza impugnata e dagli atti processuali, con gli indici-criteri e gli indici-requisiti indicati dal legislatore, cui segue in caso di valutazione positiva, sentenza di annullamento con rinvio al giudice di merito” – cfr. Cass. pen. Sez. 3, n. 38380 del 15.07.2015 -.
Ebbene, la Corte ha ritenuto che nel caso di specie non emergesse alcuna particolare tenuità del fatto, esclusa in radice proprio dalla ritenuta sussistenza dell’aggravante contestata, avendo l’imputato compiuto gli atti osceni in pieno giorno, all’interno di un esercizio commerciale di rilevanti dimensioni e nonostante la presenza di impiegati e di passanti: ciò rende la condotta potenzialmente assai pregiudizievole per l’interesse protetto, soprattutto per i minori potenzialmente esposti alla visione degli atti.
In altri termini, l’esclusione dell’esiguità del pericolo comporta l’esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto.
Di qui, il rigetto del ricorso proposto dal Pubblico Ministero e la conferma della decisione impugnata.
Precedenti giurisprudenziali
Cass. Pen. Sez. 3, n. 38380 del 15.07.2015, così massimata sul punto: “L’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, previsto dall’art.131-bis cod. pen., è applicabile anche in sede di giudizio di legittimità sulla base di un apprezzamento limitato alla astratta compatibilità dei tratti della fattispecie, come risultanti dalla sentenza impugnata e dagli atti processuali, con gli indici-criteri e gli indici-requisiti indicati dal legislatore, cui segue in caso di valutazione positiva, sentenza di annullamento con rinvio al giudice di merito.” – in CED Rv 264795.
Cass. Pen. Sez. U. n. 13681 del 25/02/2016 Ud. (dep. 06/04/2016 ), così massimata sul punto: “In tema di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131-bis cod. pen.,quando la sentenza impugnata è anteriore alla entrata in vigore del d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28, l’applicazione dell’istituto nel giudizio di legittimità va ritenuta o esclusa senza rinvio del processo nella sede di merito e se la Corte di cassazione, sulla base del fatto accertato e valutato nella decisione, riconosce la sussistenza della causa di non punibilità, la dichiara d’ufficio, ex art. 129 cod. proc. pen., annullando senza rinvio la sentenza impugnata, a norma dell’art. 620, comma primo lett l), cod. proc. pen.” – in CED Rv. 266594. In questo senso anche Cass.pen., Sez. 5, Sentenza n. 48020 del 07/10/2015 Ud. (dep. 03/12/2015) Rv. 265467 e Cass.pen., Sez. 6, Sentenza n. 45073 del 16/09/2015 Ud. (dep. 10/11/2015) Rv.265224.
Fonte: http://www.altalex.com/documents/news/2016/10/27/atti-osceni-in-luogo-frequentato-da-minori
Foto: http://www.h24notizie.com/2015/03/atti-osceni-al-centro-commerciale-denunciato-un-64enne/